Gli Elastic Riot sono trio da Bergamo formato da Jonathan (voce, synth, effetti), Oscar (chitarra, synth, effetti) e Mino (batteria). Il suono di questo progetto appare diversificato, di una variabilità portata all’estremo, in cui differenti elementi di varia natura rientrano in questa poetica in cui il fulcro è in sostanza il paradosso in musica.
In Elastic Riot un EP ha un importanza cruciale nel loro excursus. Indivia/ROSSODI segna un netto cambiamento nell’estetica degli Elastic Riot. Se (DIS)Umana/Avventura risente dell’influsso di una creatività simile alle sperimentazioni di Sun Ra, Kazemaki sembra essere ispirata ai Boredoms, ed in generale tutto l’album è in assonanza con il catalogo Skin Graft in forma più al passo con i tempi. Il gruppo ha avuto un’esperienza in un heavy metal dai toni brutal e per l’appunto elastici, che prefigureranno l’andamento ondivago e magmatico che avverrà soprattutto con BUIO BUIO BUIO BUIO (2022) e Bordernoia (Zann’s Records, Troppistruzzi, 2023), entrambi registrati e mixati e masterizzati da Fabio Intraina (Trai Studio).
Parliamo meglio di questi argomenti direttamente con il trio attraverso l’intervista che seguirà.
Cominciamo dal nostro album del 2022. BUIO BUIO BUIO BUIO è un disco più espressionistico permeato da molta ironia creativa. Una diversificazione in senso quasi “brutal math metal”, e molto elastica, caratterizza questa release, dalle idee tra l’atro molto originali. Parlateci del processo creativo dietro e degli spunti.
“Ah! Per noi è sempre un po’ difficile ripercorrere i nostri processi creativi, perché tendiamo spesso a lasciare le cose al caso, facendo prendere alle idee direzioni inaspettate anche per noi. Oppure coscientemente prendiamo delle decisioni contorte e intricate ma che prontamente cambiamo in modo casuale. Le canzoni di BUIOx4 sono state scritte in momenti diversi, alcune a distanza di anni. Alcune erano state già abbozzate quando eravamo ancora in 5, intorno al 2017, e quindi erano precedenti all’ EP del 2019 Indivia/ROSSODI. Qualche settimana prima di andare a registrarlo eravamo persino in dubbio se abbandonare tutto e dimenticarci quelle canzoni, abortire BUIOx4 prima che nascesse. A parte la cover di ‘O Surdato Nnammurato, forse, che non avremmo abbandonato perché abbiamo scritto poco prima di andare a registrare. Quella che definisci ironia creativa e elasticità è il frutto della nostra voglia di creare qualcosa di arrabbiato e incoerente e perseguire ancora di più uno stile musicale libero da vincoli e convenzioni.”
Dar Corpo ad un’Ombra contiene pattern imprevedibili, tra armonie jazzate/agrodolci intermezzatte da picchi di volume in senso brutal. Un’originalità impressione considerando la parte improvvisata di batteria nel mezzo, nonché quella noise più dilatata nel finale. Parlateci delle ispirazioni dietro questo pezzo, a mio parere, molto interessante.
“Ehhhhh sì, quel pezzo è forse il nostro preferito dell’album! Il pezzo nasce dall’idea di unire assieme diverse idee diverse tra di loro. All’inizio c’è un loop di chitarra, registrato in casa, uno di quelli che lo registri per ricordartelo perché ti è simpaticissimo. Però poi sopra questo loop ci sono delle urla sguaiate, come se qualcuno/qualcosa volesse distruggere la melodia, per farsi spazio nel suono come Jack Torrance in Shining che cerca di sfondare la porta del bagno a mazzate. Dopodiché la scena sfuma in una jam batteria/basso in cui volevamo creare l’idea di un “litigio sonoro” tra i due strumenti, volevamo creare l’impressione che i due strumenti fossero come le voci di due persone che litigano: urlano cattiverie, si interrompono a vicenda, balbettano, sbottano, si insultano (saranno ancora Jack e Wendy, chi lo sa). Alla fine il tutto si trasforma in un insieme di voci effettate che si sovrappongono, si mangiano a vicenda, emergono l’una sull’altra.
“Il titolo è preso da “Sud e Magia” dell’antropologo Ernesto de Martino, un libro sulle pratiche magiche/esoteriche e superstizioni in alcune regioni del Sud Italia, scritto a inizio ‘900 mi pare (1959 in realtà, ndr). Sarebbe la teorizzazione del concetto che sta dietro alla creazione di feticci o artefatti atti a simboleggiare una cosa negativa, diventandone la rappresentazione concreta. Questi artefatti sono poi utilizzati nei rituali purificatori, quelli che servono a togliere il malocchio per intenderci, e tendenzialmente nel corso di questi rituali vengono distrutti/bruciati/sepolti. In questo modo il male viene prima reso concreto in forma di oggetto e poi distrutto, un po’ come nella canzone distruggiamo la melodia inziale. Il titolo intero voleva essere “dar corpo ad un’ombra per poi distruggerla”.
“Non ricordo se l’idea per il titolo è venuta prima o dopo il pezzo, e non so se sono riuscito bene a spiegare il concetto, vabbuò leggete il libro è molto bello.”
Venero Venere è più all’insegna di un pop slabbrato e noise dall’impostazione fugale. Diverse sonorità si avvicendano durante lo scorrere del pezzo, che sembra essere una dissacrazione di un pezzo pop fin troppo sdolcinato. Parlateci delle intenzioni dietro questa track.
“Le intenzioni sono un po’ quelle di tutto il disco, ossia creare una musica cattivella, con urla sguaiate e suoni che si sovrappongono in maniera a volte controllata, a volte casuale. Venero Venere ha diversi strati di rumorini che si mescolano a alcuni riffoni arroganti. Una volta un tizio dopo un concerto in Germania ci ha tenuto a spiegarci che secondo lui quella canzone è una “Noise Lasagna”, ossia diversi strati di rumori. Chiaramente era ubriaco ma sembrava entusiasta della sua metafora.”
“Ripensandoci adesso, penso che sia un mezzo plagio della canzone degli Stupeflip Mon Style en Crr oppure anche di Creepy Slugs (la versione del video su Youtube). Forse qualcun altro ad ascoltare queste canzoni non ci sentirà nessuna connessione, ma voglio ammettere pubblicamente che le canzoni degli ER sono piene di citazioni e plagi degli Stupeflip ben nascoste.”
In BUIOx4 compare spesso il dialetto o la cultura musicale napoletana, in maniera ironicamente creativa e sdolcinata, quasi a prendere in giro un certo sentimento melodrammatico che il più delle volte caratterizza il nostro contesto dell’Italia. Parlateci del vostro rapporto con la cultura partenopea.
“L’idea di fare una cover di ‘O Surdato Nnammurato all’inizio è venuta per scherzo, e avevamo fatto il ritornello una volta così per ridere alle prove. Poi, come spesso ci accade, un susseguirsi di idee volutamente audaci e poco coerenti, dalla genesi difficilmente ripercorribile, ci ha portato a registrarla davvero, cambiare il testo dal napoletano al bergamasco (Gionni ha provato a cantarla in napoletano ed era davvero troppo sacrilega come cosa), distruggerne i ritornelli (che poi sono la parte più famosa della canzone) e farla sfumare in una composizione noise/ambient di 20 minuti.
“Tutto ciò non per prendere in giro la cultura napoletana o meridionale in generale, ci mancherebbe. Certo ci giochiamo, ma al contempo ci siamo divertiti anche a dissacrare in vari modi anche il nostro dialetto. Siamo decisamente terronofili e sempre interessati a molto di ciò che riguarda il Sud Italia. Stiamo giusto tornando da un tour in cui abbiamo suonato a Reggio Calabria, Palermo e Catania. Catania è stata la migliore data dell’anno senza dubbio.
“Se ci senti parlare per più di mezz’ora finiremo sicuramente a parlarti di quanto è triste e dura la vita in Padania e quanto i meridionali siano meglio di noi. Davvero, siamo tipo un disco rotto, lo diciamo continuamente. Poi quando lo diciamo al sud ci mandano a cagare, perché è chiaro che pensiamo queste cose dai nostri paeselli della campagna bergamasca, guardando a distanza di sicurezza la realtà della vita al Sud. Lasciateci sognare perdio, ci dev’essere un posto in sto mondo in cui sta vita non è una merda. O no…?
“PS: in questo momento, mentre rispondo a questa intervista, mi rendo conto di indossare dei calzini azzurri con la faccia di Maradona. Coincidenze?”
Bordernoia si avvicina di più ad un suono massivo, più legato ad un math rock espressionistico – come sempre, dalla consistenza più omogenea, magmatica e meno minimale. Parlateci del processo creativo dietro questo album e di questo cambio di politica rispetto BUIOx4.
“BUIOx4 e Bordernoia sono stati registrati praticamente nello stesso momento, a una settimana l’uno dall’altro, ma alcune cose le abbiamo registrate assieme (chitarre extra, rumori, voci, sound fx, loops…). Sono praticamente due album gemelli eterozigoti. Benché siano stati registrati assieme avevamo le idee molto chiare di come sarebbe stato uno e l’altro, di quali canzoni sarebbero finite in uno o nell’altro album. Alcune canzoni finite in Bordernoia sono state scritte prima di quelle di Buio, quindi non c’erano riferimenti temporali. Sapevamo però che sarebbe stato Buio a uscire prima, perché sentivamo che Bordernoia aveva bisogno di un lungo lavoro di mixaggio e volevamo uscisse in vinile, quindi è uscito un anno e mezzo dopo.
“Se Buio suonava come una naturale evoluzione da Indivia/ROSSODI, volevamo che Bordernoia fosse diverso, un balzo avanti (o di lato? O dietro? L’importante è che sia un balzo) rispetto alla musica che avevamo già fatto. Abbiamo voluto esagerare con i suoni, aggiungendo strati e strati di synth, loop e usando un sacco di effetti su un po’ tutto. Ogni canzone è stata registrata con una chitarra diversa, con diversi effetti, diversi sintetizzatori. Mixarlo è stato abbastanza un incubo, continuavamo a farlo e disfarlo (scusaci Trai, tvb).
“Tutte le canzoni dell’album sono unite, ci sono vari intermezzi sonori che volevamo rendessero l’ascolto lineare ma turbolento, allontanandoci il più possibile dallo stereotipo dell’album rock/metal con le canzoni tutte che suonano simili e tutte in ordine. Un po’ come i concept album del prog (o gli album degli Stupeflip, altro plagio, ops).”
Uariu, tra tracce del Miles Davis elettrico (nelle parti di synth) e un math rock più “hard” o “brutal” (tutto il resto), si manifesta come un pezzo interessante che spazia per l’appunto tra sonorità disparate. Altro esempio del genere è anche Collodio, in cui una voce distorta rimanda all’utilizzo del Giggytronix sfoderato da Gubby Haynes dei Butthole Surfers in diversi album storici dell’American indie rock; inoltre il pezzo di dilata in pattern liberi di synth e batteria aleatori. Parlateci di questo manierismo in associazione ad una creatività fervida.
“Vogliamo che le nostre canzoni abbiano ognuna ha la sua personalità e praticamente per ogni pezzo cerchiamo qualche effetto particolare e lo usiamo solo per quel pezzo. Ad ogni canzone, dal vivo, abbiamo un paio di pomelli di pedali/synth/aggeggi vari da girare in modo che ogni pezzo sia diverso dal precedente.
“In Bordernoia ogni canzone è popolata dai suoi mostri, ognuno col suo verso buffo, malefico o un mix delle due cose. Questi artifizi creativi ci servono per distaccarci sempre di più dalle sonorità e dalle attitudini del rock, in cui sentiamo che la creatività e l’impatto della musica sono costantemente sacrificate per dare spazio ad inutili esercizi di stile/tecnica e all’ incessante, ridicolo machismo/cazzodurismo di cui è permeato l’immaginario metal.
“Sì, sì: i mostri. Ci piacciono le cose con i mostri.
“PS: Povero Miles, l’abbiamo fatto morire una seconda volta citandolo.”
Yvonne l’Insonne ha trame hard dal forte impatto vorticoso ma diversificato, in cui l’espressività barocca e al tempo stesso urbana balza all’orecchio in modo originale. Verso il finale echi di synth danno un tocco di lisergica malinconia sembrano formare un interludio a sé, separato dal resto. Come avviene la traccia e la sua ironia dai tratti più austeri, caratteristici anche di gran parte dell’album?
““Yvonne l’Insonne” è il titolo che la canzone ha sull’album, ma noi non la chiamiamo così. Per noi è “mal de cò”, ossia “mal di testa” in bergamasco. Questo perché è una canzone massacrante per noi, in cui dobbiamo essere super concentrati perché ci sono mille cose che se vanno un pelo male nell’esecuzione rischiamo davvero di suonarla malissimo e di sbagliare tanto da doverci fermare e ripartire. Infatti ha un finale fatto di sviolinate dissonanti che fanno prendere un attimo di fiato.
“È forse la traccia più “metal” dell’album, richiama BUIOx4 più delle altre. Nei primi secondi il pezzo “cattivello” a volte fa scattare dei mini-poghi durante i nostri concerti, in uno scatto di entusiasmo prontamente deluso, infatti la canzone cambia subito e diventa abbastanza impogabile. Ci dispiace per i pogatori che vengono ai nostri concerti speranzosi di sfoggiare le loro doti di spintonatori ma non siamo mai stati grandi fomentatori.
“PS: No, non è vero, non ci dispiace.”
Solo colpi, traccia finale di Bordernoia, ha una forma più suite-esca ed incisiva, che rimanda maggiormente al sound di BUIOx4, in maniera per l’appunto diversificata ma al tempo stesso più austera. Verso il finale vengono fuori suoni quasi concreti associati ad una ridimensionata ironia, sperimentando con un maggiore realismo. Parlateci di questi aspetti, in bilico tra due polarità.
“L’ironia è una costante ma dall’altro lato con la musica siamo serissimi e ci torturiamo non poco per arrivare a qualcosa che ci piaccia e sia capace di non annoiarci e appagarci a livello creativo. A noi piace dire che, come per i bambini a scuola, ci sono gruppi bravi e altri che si impegnano. Noi sappiamo di non essere bravi, quindi ci impegniamo. Solo che non riusciamo a prenderci sul serio e vogliamo allontanarci il più possibile dallo stereotipo di wannabe rockstar dimminchia tipico dei gruppi emergenti. Noi non siamo un gruppo emergente, siamo un gruppo underground, emergere (da cosa?) non è nelle nostre intenzioni né nei nostri piani. Non abbiamo niente da perdere.
“Solo Colpi è una canzone facile da suonare ma seria, con un finale in cui abbandoniamo del tutto i suoni “rock” e ci immergiamo a testa bassa in una roba contorta fatta di colpi, pulsazioni e suoni concreti. Sicuramente i due gruppi che dobbiamo ringraziare per questa ispirazione sono i GOAT e i Kukangendai, ambedue giapponesi, che abbiamo ascoltato fino allo sfinimento. Il finale di Solo Colpi è un mezzo plagio dei Kukangendai. Stiamo confessando troppi plagi, quando questa intervista uscirà verremo querelati da un sacco di gente.
“L’idea del finale di Solo Colpi era appunto di abbandonare ogni melodia e fare un pezzo di soli colpi, senza nemmeno ritmo. Vari schiaffetti e picchiettii che arrivano un po’ all’improvviso, un po’ programmati un po’ no. Dal vivo invece la suoniamo registrando in loop suoni di richiami da caccia per uccelli, fino a creare un muro di suono di suoni animaleschi e mazzate al rullante microfonato con l’autotune. Ci divertiamo con poco.”
Infine, parlateci delle prossime novità a livello di concerti o lavori in preparazione.
“Al momento siamo appena tornati da un mese di pazzie in cui abbiamo fatto 19 date, decisamente tante rispetto ai nostri standard. Questo grazie a una magica irripetibile coincidenza di disoccupazione e ferie. Adesso ci prenderemo un momento di pausa, anche forzata perché uno di noi sparisce per un po’ e va a vivere all’estero. Non sapremo quando torneremo a fare concerti, ma in qualche momento del 2024 cercheremo di fare qualche mini-tour, sarebbe bello infilarsi in qualche festival in estate ma chi lo sa, non siamo mai stati un gruppo “estivo”.
“A livello musicale abbiamo un album nuovo mezzo pronto in fase di mixaggio, che forse uscirà nel 2024, e molte idee per un altro, che registreremo/comporremo inviandoci pezzi/idee/registrazioni durante il prossimo anno. Non ci fermiamo insomma, siamo abbastanza duri a morire.”