SUONI DALLA MURGIA BARESE: BREAD PITT
di Giovanni Panetta
Intervista a Vito Basile, Daniele Dileo e Domenico Ciccimarra. Suono noise ma luminoso direttamente da Altamura, di Bread Pitt e di tutte le realtà a loro correlate.
Bread Pitt 2002

Bread Pitt nel 2002. Da sinistra a destra: Domenico Ciccimarra, Daniele Dileo e Vito Basile.

I Bread Pitt sono un trio originario di Altamura, formato da Daniele Dileo (alla chitarra e voce, in arte El Sob), Domenico Ciccimarra (alla batteria) e Vito Basile (al basso e voce, il quale più di recente ha diretto o dirige i progetti Garage Boy e Basilisco). Il trio, nella sua attività, oltre a quella dei progetti correlati (ovvero Libellule Incandescenti, Quartetto Capodoglio, oltre ai già citati Garage Boy e El Sob), è stata sotto l’egida dell’etichetta DIY Lepers Productions, di origini baresi, all’insegna di un percorso estremamente libertario, tra jam free-form, suoni, psych eterodosso e asimmetrico, e testi molto spesso scanzonati e pop. Infatti c’è sì sperimentazione ma anche un’ironia leggera attraverso cui si gioca con temi scientifici, o di analisi del costume, simulando in maniera quasi istrionica una facciata di serietà. In ogni modo il gruppo gioca con l’elemento plastico e lo fa seriamente, in linea non solo con il roster della Lepers, ma con tutto il noise europeo, che si barcamena tra avant-noise, free jazz e krautrock, in maniera meno oscura rispetto la controparte anglofona di rumoristi.

Il gruppo nasce e si sviluppa negli anni ’00, e, come abbiamo accennato, si diramerà in altri progetti, ma il legame tra i tre è ancora integro e riserva tutt’ora diverse sorprese (quindi Basilisco, El Sob, nonché un trio/duo nato da poco tempo, ovvero SNT), oltre a organizzare concerti alla sala-concerti di Altamura La Basetta, ospitando diversi gruppi europei e non solo, suonare ai reading letterari, e girare l’Italia per concerti, oltre a costruire, per mano di Ciccimarra un Intonarumore, strumento progettato dal pittore futurista Luigi Russolo con l’intenzione di rinnovare l’arte del suono agli inizi del Novecento.
I Bread Pitt sono in tutto e per tutto una realtà paesana, ma la loro risonanza arrivò a luoghi più urbani come Bari e Taranto, diventando un valore aggiunto in quella fervida scena locale, in cui la luminosità del luogo (che può ravvivare i colori o abbagliare) è una sua componente che si trasmette ai suoni o al tipo di ascolti autoctoni.

L'Origine Della Specie

Cover della demo L’Origine Della Specie, esordio effettivo dei Bread Pitt.

Bread Pitt

Bread Pitt nel 2002. Da sinistra a destra: Vito Basile, Daniele Dileo e Domenico Ciccimarra.

Abbiamo rivolto delle domande ai Bread Pitt, sul loro passato in attività e i loro progetti successivi. Di seguito un’intervista monografica tra passato, presente e futuro.

Come nasce il nome Bread Pitt? Un assonanza sì goliardica con l’attore famoso, ma anche un tradizionalistico riferimento al pane di Altamura. Ci volete parlare di questa scelta o della sua storia?

“Avendo un nome già famoso, pensavamo di saltare la fase della gavetta.”

Il primo album, omonimo, più grezzo e in cui compaiono deviazioni ritmicamente angolari e vorticose, realizza un’idea di progressive rock caustica all’insegna di un punk diverso, e un’attitudine ludica che implementa il tutto in maniera minimalmente policromata. Attraverso Fatti, Non Persone si esprime in maniera iconica questo concetto, amalgamandosi con una componente verbale realista, oscura e strutturata a flusso di coscienza. Una essenzialità degli esordi che verrà sempre di più a mancare, ma vi chiedo: come si colloca nella vostra poetica questa minimalità e, detto da voi, come avviene il superamento di quelle caratteristiche allo stesso modo interessanti?

“Il minimalismo, l’essenzialità sono componenti che, seppur a volte celate nel corso degli anni, non hanno mai smesso di caratterizzare la nostra poetica e il nostro modo di suonare. Quando abbiamo registrato il primo disco, nel 2001, suonavamo insieme da meno di un anno. Abbiamo iniziato in quattro con due chitarristi e ne abbiamo perso uno strada facendo. Anzi, l’abbiamo perso proprio durante la registrazione del primo disco. Dal secondo in poi oltre a chitarra, basso e batteria ognuno di noi ha suonato altri strumenti e abbiamo iniziato a deragliare.”

Ne La Scienza Va Premiata il modo di suonare è decisamente più naïf e matematico, a cominciare da L’Esperto Di Arti Parziali, dove più specificatamente viene esplicato un math rock vorticoso; in Tieni Tre Parole si contrappone nel testo una visione progressista o se vogliamo positivista con una più attuale, più entropica. Mi Ionizzo si alterna tra due attitudini diverse, con una velocità che si distende e si intensifica a più riprese. Mentre si gioca con suono plastico nella suite finale La Danza Della Domenica. Un modo di suonare più pulito e cerebrale rispetto il disco precedente, mantenendo intatta l’eterodossia ad un livello più profondo. Quali sono state le reali intenzioni con questo album?

““La Scienza va premiata” è la frase che Totò, nel film “Totò a Colori”, dice al pittore specializzato nelle “imitation de Picassò” prima di sputargli in un occhio. E’ un disco svalvolante in cui abbiamo giocato con gli stereotipi di genere (musicali, cinematografici, umani) e ci siamo aperti a nuovi spiragli. Infatti il disco si chiude con una lunga improvvisazione.”

In Ipseon il modo di scrivere e suonare si arricchisce di ulteriori elementi musicali; c’è una maggiore astrazione oltre al consueto melodismo obliquo, come avviene in Fissione Psichica; mentre in Ritorno Ad Ipseon si ha una maggiore concettualità antimusicale ma che gioca con l’elemento psichedelico e krautizzante. Un suono multisfaccettato tra pop e sperimentazione angolare. Parlateci del corso dell’album; in quale contesto è collocata?

“Ipseon nasce dopo anni di studio sull’Enformia con il Dr. Donald E. Watson, il padre della TES (Theory of Informed System) che spiega molti fenomeni definiti inspiegabili e liquidati dalla scienza come anomalie periferiche. L’abbiamo registrato sulle Murge, in una masseria a pochi chilometri da Monte Caccia, dove le pecore pascolano tra i ripetitori che trasmettono i canali RAI a tutta la Puglia. Durante le registrazioni i nostri potenti registratori ipsofonici hanno captato segnali di trasmissione sconosciuti che si sono perfettamente integrati nei pezzi del disco.”

Registrazioni Ipseon

Immagine scattata durante le sessioni dell’album Ipseon.

I vostri primi tre album – Bread Pitt, La scienza Va Premiata e Ipseon – risultano essere pubblicati lo stesso giorno, ovvero l’8 Agosto 2007. Sono stati pubblicati lo stesso giorno? Se sì, parlateci di questa scelta.

“In realtà l’8 agosto 2007, con i favori delle tenebre, Superfreak si è introdotto nel nostro studio e, dopo averci narcotizzato, ha rubato da una teca le uniche tre copie dei primi tre dischi, registrati tra il 2001 e il 2006, pubblicandoli la notte stessa sul sito della Lepers Produtcions.”

“Due album in uno” è la formula di Altierjinga Lepers e Bread Pitt, con le uscite accoppiate Chewing Tobacco e Summer Is Boring, usciti il 5 Maggio 2008. Per quanto riguarda la vostra parte, lo sperimentalismo si fa più estremo, antimusicale, e soprattutto strumentale, contrapposta dal suono più classicamente sghembo di Altierjinga Lepers (Alexander De Large). Una componente di tutta la release, quella dei Bread Pitt, nel nome di un harsh noise graffiante e elastico. Da quali presupposti nasce l’esigenza di creare qualcosa di concettuale?

“Questo modo di suonare in realtà è sempre stato presente durante le nostre prove e ha contribuito a creare un certo amalgama tra noi. Senza queste sperimentazioni e improvvisazioni non avremmo composto tutto il resto.”

L’ultimo album pubblicato, Non Fate Allarme, del 29 Settembre 2008, converge verso un suono più pop, più verbale e dalla forma più rotonda o se vogliamo ellittica. Ed infatti non mancano digressioni nel free jazz (When I Was Young) e nell’imitare suoni sintetici di matrice post-punk in modo forse sarcastico (Do You Like Synth?). Compare anche un omaggio ai compagni di roster Texans From Bari, attraverso la traccia quasi omonima (Texans From Bari (Tourist Information)). Come è capitata questa attitudine pop e verbale insieme ad una vena più ironica?

“La vena ironica c’è sempre stata, probabilmente qui viene fuori un po’ di più. Durante le registrazioni del disco in molti pezzi abbiamo aggiunto un po’ di arrangiamenti per tromba, organo elettrico, percussioni. Forse per questo sembra un disco più pop e meno rock grano duro.

“Con “Do you like synth?” prendevamo in giro tutti quei musicisti underground che dopo la seconda metà dei 2000 hanno scoperto l’esistenza dei sintetizzatori. Ogni gruppo aveva almeno un synth vintage da portare sul palco. Era divertente. Comunque in “Do you like synth?” abbiamo usato principalmente un Roland SH-101 del 1984. I suoni sono proprio quelli originali del periodo a cui hai fatto riferimento. In “When I was young” c’è il sassofono free di Turbo/Gemoschio Fulbio, un altro pilastro della Lepers. Altri ospiti più o meno segreti hanno prestato la loro voce in altri pezzi.”

Non Fate Allarme

Cover di Non Fate Allarme (2008).

Bread Pitt flyer

Flyer di un live dei Bread Pitt, avvenuto il 9 Gennnaio 2008 alla Taverna Vecchia Del Maltese.

Parlateci della Lepers Productions attraverso cui sono usciti i vostri album; come avviene la collaborazione con Giuseppe Laricchia (Superfreak) e Luciano Palmieri (Alexander De Large), sicuramente in fede ad uno sperimentalismo chitarristico, dalle venature pop?

“Che la Lepers sia la migliore etichetta discografica del mondo ormai lo sanno tutti, è inutile ripeterlo. Ma per capire la forza di Superfreak, Alexander De Large, Turbo, Pete Jones e gli altri bisognava vederli in azione durante i vari meeting delle etichette indipendenti. Mentre tutti stavano silenziosi e tristi dietro i loro banchetti sperando di vendere qualche copia dei loro cd e vinili, i Lebbrosi distribuivano gratis cd-r con tutta la loro discografia, impacchettati nella carta dei giornali oppure improvvisavano concertini deliranti. Dopo la morte di Bread Pitt, grazie alle loro innate doti di marketing, possiamo vivere di rendita grazie ai milioni guadagnati con la Lepers.”

Logo Lepers Productions.

Parliamo di Altamura; essa è stata cornice dei vostri concerti, come dicevamo, e di altri importanti ospiti. Infatti caratteristiche furono anche le serate organizzate da voi, in cui furono coinvolti gruppi della scena DIY mondiale come SABOT, Makoto Kawabata, Enfance Rouge, Le Singe Blanc, Squartet e altri. Penso che la vostra doveva essere una necessità allinearvi e confrontarvi, voi e il vostro pubblico, con la grande famiglia dai suoni più disparatamente eterodossi, e soprattutto ci doveva essere la necessità di far emergere un’Italia della Provincia, anche attraverso l’essere sul pezzo per quanto riguarda la musica. Vi chiedo più direttamente, cosa significava quest’esperienza, importante per voi e per il contesto? Inoltre in che modo vi sentite legati al vostro paese di origine, e come ha caratterizzato la vostra musica?

“Per non passare troppe sere chiusi nella Basetta a suonare, ci siamo messi ad organizzare concerti. È stata una cosa abbastanza naturale creare legami con altri gruppi, promoter, appassionati per ospitare ad Altamura musicisti internazionali e locali. Eravamo gli unici a proporre certe musiche e i concerti erano seguiti anche da persone dei comuni limitrofi. Non crediamo che il nostro paese d’origine abbia caratterizzato particolarmente la nostra musica. Però essere lontani da qualsiasi movimento, scena musicale o artistica ha contribuito senz’altro a creare un modo tutto nostro di fare le cose che ci ha permesso di resistere quasi 10 anni con Bread Pitt, tra registrazioni, concerti, reading, tanti progetti collaterali e l’organizzazione di concerti.”

Parlateci dell’attività live; molti gruppi baresi e tarantini sono andati in tour in giro per l’Italia se non in giro per l’Europa. Penso che anche per voi ci siano state tesferte a lungo raggio d’azione. Parlateci di quest’esperienza o di qualche ricordo.

“Abbiamo suonato esclusivamente in Italia, isole escluse, dai concerti rasoterra ai palchi dei teatri. A livello locale ricordiamo con piacere le “Lepers Night”, abbuffate di musica lebbrosa, ed il “Sabbia Nelle Mutande”: il festival selvaggio in riva al mare.”

Bread Pitt live

Bread Pitt live.

Da citare anche l’omaggio al Futurismo come movimento artistico, attraverso la costruzione di un intonarumori da parte di Domenico e l’organizzazione di una Gran Serata Futurista, dove furono ospiti diversi professori di lettere dell’Università di Bari e altri pseudo-intelletuali. Penso che volevate richiamare la concezione fervida di musica di Luigi Russolo (inventore di quella tipologia di strumento) che univa l’assonanza storicizzata della musica con la dissonanza dei rumori, emblema di quella movimentata nuova società di inizi ‘900, che sembra richiamare nel contesto moderno la musica di Bread Pitt. Come si colloca in voi questa riemersione del passato? Parlateci meglio della costruzione di quel prototipo sonoro; per quale modello di intonarumore avete optato?

“A pochi metri dalla Basetta (sala prove e punto nevralgico per l’evoluzione di Bread Pitt) c’era una libreria che organizzava reading con scrittori, poeti o studiosi. Noi fummo invitati per una serata durante la quale un professore dell’Università di Bari avrebbe letto vari testi in occasione dei 100 anni dalla pubblicazione del “Manifesto del futurismo”. Quale migliore occasione per presentarsi dal vivo con un Intonarumori? Domenico, il batterista, ha costruito un Crepitatore sulla base di alcuni schemi di costruzione originali trovati in rete.”

Bread Pitt

Bread Pitt live. A destra della batteria si può osservare l’intonarumore costruito da Domenico Ciccimarra.

Inoltre vi siete interfacciati nella soundtrack di L’Occhio È Più Grande Della Pancia, un mini-documentario che mette in discussione i totem del progresso occidentale, confrontandoli con lo stile di vita essenziale del villaggio vietnamita di Muiné. In questa occasione vi siete rapportati ad un modo di scegliere o scrivere più consonante, che accompagna immagini e parole contemplabili, ma permeato da un’atonalità più classica. Come nasce e si sviluppa questo rapporto parallelamente visuale in Bread Pitt?

“Con il nome che ci siamo scelti non potevamo tralasciare l’ambito cinematografico. Scartata la possibilità di fare gli attori, abbiamo realizzato parte della colonna sonora del documentario che hai citato utilizzando strumenti poveri e primitivi. Ci siamo dedicati anche a sonorizzare dal vivo film sperimentali, surrealisti, dadaisti, underground, approfondendo maggiormente il confine tra improvvisazione e composizione.”

Link per il mini-documentario qui.

Una prima deviazione dai Bread Pitt avvenne durante il loro periodo di attività, e fu il quintetto di improvvisazione libera Le Libellule Incandescenti formato da voi tre, Paolo Zampana alla seconda batteria e alle percussioni e Felice Cosmo al sintetizzatore. Caratteristiche erano le lunghe jam notturne in pubblico, eseguite alla sala prove e concerti La Basetta, denominate “Le Notti Delle Libellule Incandescenti”, che cominciavano al tramonto e finivano quando uno degli esecutori collassava per primo. Le Libellule hanno pubblicato un album, ovvero Panda Et Circenses, del 9 Settembre 2007, ovvero sei pezzi in libertà, dove idiosincraticamente si ricalca un modo di improvvisare tradizionale a più sfaccettature, con un sano e irriverente gusto per la dissonanza tutto noise. Vorrei conoscere meglio l’atmosfera che permeava quella situazione complessiva, la sala La Basetta, le improvvisazioni e l’album.

“Colui che fondò la Basetta nell’anno del Signore 2004 credeva fermamente di rendere un servigio alla comunità, creando un posto ben organizzato per musicisti e appassionati. Ben presto, però, quell’idea si tramutò in qualcosa d’inaspettato. Proprio come l’ultima pozza d’acqua rimasta in un paesaggio arido attrae ogni forma di vita, così la Basetta finì per richiamare a sé un inventario di esperienze trans-umanoidi al di là di ogni immaginazione. Proprio questi incontri, queste collisioni finirono per suggerirci avventure musicali ad ampio spettro.

“Le Libellule Incandescenti nascono dalle infinite jam che normalmente si tengono durante le feste comandate, quando gli espatriati tornano ad Altamura e sentono l’esigenza irrefrenabile di suonare per ore ed ore. Oltre a noi tre, le altre Libellule sono Paolo Zampana alla batteria e percussioni e Felice Cosmo alle tastiere. Il disco non è altro che una lunga jam registrata in presa diretta con un mini disc e fatta uscire per la Lepers poche settimane dopo. Le Libellule ogni tanto escono dalla Basetta per organizzare, in posti più o meno segreti, “La Notte delle Libellule Incandescenti”: una mega jam aperta a tutti che inizia al tramonto e finisce quando l’ultimo suonatore collassa.”

La Basetta

Mostra e concerto a La Basetta.

Dopo il 2009 l’avventura Bread Pitt finisce (o se vogliamo entra in una prolungata pausa) e comincia quella del Quartetto Capodoglio, dalle tinte elettroniche, sempre in piena libertà, il cui ultimo concerto è stato poco tempo fa, ovvero il 7 Settembre 2020. Nell’unico disco per Lepers Productions del 20 Gennaio 2013, The Shape Of Sperm To Come, è presente per l’appunto un kraut-free jazz dove l’atmosfera è più sospesa; l’abisso vicino e familiare all’uomo, quello degli oceani, ispira l’oscurità aleatoria del lavoro, e il sax sbuffante di Stefano Spataro, che collabora in Sintomatica Cetacea e Meccanodonte, il melodismo latente di Lungomare Di Tokyo e i suoni metallici che seguono cadenze cripticamente ordinate implementano quel caos più sintetico rispetto i lavori precedenti dei Bread Pitt. Un suono vicino e lontano allo stesso tempo affianco all’universo grottesco, ironico, obliquo e ingenuo della Lepers, e in The Shape Of Sperm To Come avete espresso quelle caratteristiche in maniera ancora più bizzarra, sublimate ancora di più dall’origine. Come nasce in voi la svolta sintetica?

“Il Quartetto Capodoglio nasce come un percorso di ricerca orientato allo studio degli effetti dell’Antropocene sul paesaggio sonoro, soprattutto negli habitat più remoti. Grazie a speciali apparecchiature elettroacustiche e a collaborazioni con centri interdisciplinari di bioacustica e ricerche ambientali, abbiamo approfondito negli anni lo studio dell’ecolocalizzazione: il sonar biologico che che permette ai capodogli (e a pipistrelli e delfini) di “vedere” per mezzo dei suoni. Gli animali ecolocalizzatori, infatti, emettono suoni nell’ambiente e ascoltano gli echi che rimbalzano da diversi oggetti. Gli echi sono usati per localizzare, identificare e stimare la distanza degli oggetti, per orientarsi, ricercare il cibo e cacciare nei vari ambienti.”

The Shape Of Sperm To Come (2013).

Cover di The Shape Of Sperm To Come (2013).

Quartetto Capodiglio

Quartetto Capodiglio

Quartetto Capodiglio

Quartetto Capodiglio

Immagini del Quartetto Capodoglio live.

Garage Boy è un progetto di Vito che racconta la storia fittizzia di un ragazzo dal Tajikistan che viene a lavorare come garagista nella Murgia pugliese, entrando in contatto coi suoni occidentali, per poi sviscerare successi “punk-dub”. Il progetto ha dato alla luce tre album, ovvero Zutaten, Gonzo Muziko e I’m Not Even Here. L’hip-hop di Garage Boy è eterodosso, e nei tre dischi si possono riscontrare vari mix di generi, dalla psichedelìa, passando per la space music fino al krautrock. Inoltre attraverso Garage Boy c’è un maggiore legame con il roster di Lepers Productions; nel 2011 ha fatto un tour con Bokassà in giro per l’Italia, in più Superfreak e Alexander De Large hanno collaborato nell’album I’m Not Even Here. Vito, raccontaci di come nasce questo concept e della sua organicità.

“Negli anni avevo accumulato nell’hard disk un po’ di roba che non c’entrava molto con Bread Pitt. Così decisi di realizzare una trilogia in solitaria. Le prime robe erano influenzate dai miei ascolti di black music, Prince soprattutto. Poi le cose si sono mischiate sempre di più. Nel secondo disco ci sono pezzi nei quali hanno suonato El Sob (Daniele), Alexander De Large e Superfreak. Al disco è seguito il tour con i Bokassà, il micidiale trio che ci manca tanto. Con il terzo disco Garage Boy lascia la Puglia e ci saluta per sempre, ritorna sulle montagne del Pamir per mettere su famiglia.”

Daniele, El Sob, il tuo progetto nel quale suoni tutti gli strumenti in studio, realizza un’idea radicale di sperimentazione (a modo suo), più legata alla popular music più sghemba, monolitica nel ritmo e graffiante nei timbri. Il 15 Marzo 2021 è uscito l’EP Silence Is Even Sexier, tra pop, suoni progressivi e rumore. The Frog, dalle linee stilizzate e lisergiche, gioca con immaginari fiabeschi e policromati. Mentre la titletrack assomiglia ad una suite in senso fugace, lunga circa otto minuti, e “krautpop” in un’unica istanza, propriamente do it yourself. Un lavoro dalla breve durata nel quale hai la possibilità di sperimentare in maniera più personale fondendo tutti gli elementi descritti. Ma cosa ha significato per te scrivere e suonare in questo disco, rispetto i lavori degli altri gruppi in cui hai suonato?

“Il lavoro è stato interamente suonato e registrato in casa. In due case, in realtà, tra Altamura e Venezia. Non c’è un vero e proprio percorso dietro, tra il 2010 e il 2020 ho registrato quintali di riff, mezze canzoni, rumori, sperimentazioni sonore, promettendo a me stesso che un giorno sarebbero state montate e pubblicate. Durante il lockdown ho trovato finalmente il tempo di fare una selezione, un montaggio, registrare materiale nuovo, e finalmente pubblicare, spinto anche dalla pittrice/poetessa brasiliana Priscila Pinto, che ha disegnato la cover del disco, la quale mi ha convinto a pubblicare. Forse fra 10 anni ci sarà un’altra pandemia, e darò vita ad un’altra raccolta di materiale destrutturato, chissà.”

El Sob

Cover di Silence Is Even Sexier di El Sob (pubblicato nel 2021).

Vito, parliamo del tuo progetto Basilisco e dell’album dal titolo simbolico “=”, pubblicato il 18 Aprile 2021. Il lavoro, di un’elettroacustica indefinibilmente harsh, si muove attraverso suoni ludici analogici nel nome di un caos aleatorio, e loop che scorrono in senso paranoico e oscuro, tra parti di field recording e altre permeate da synth elastici. Si percepisce un certo fideismo verso il noise europeo, più lirico e istrionico rispetto a quello americano, e aggettivi che descrivono in particolar modo il fluire dell’album. E soprattutto un passo in più verso l’avanguardia rispetto il vostro suono più classico. Come nasce quindi =, e come si colloca nel suo contesto generale e locale?

“Basilisco è un esempio tipico della nuova ondata di pover electronics (da non confondere con power electronics) che si sta abbattendo sulla scena elettronica mondiale. = raccoglie una serie di session, quasi tutte rumoriste, realizzate con suoni ambientali, basso elettrico, walkman, nastri, smartphone, una vecchia tastiera Casio e un “1 line of code synth” autocostruito. Avevo messo su questo set-up per future immersioni con il Quartetto Capodoglio, ma il Covid ha bloccato tutto.  Stefano e Jacopo hanno ascoltato le registrazioni e hanno deciso di farle uscire per la sempre attiva Hysm? Ora ho aggiunto una seconda tastiera, stanno venendo fuori strutture meno noise, orientate verso un maggiore utilizzo di melodie lunatiche e instabili.”

=

Cover di = di Basilisco (Vito Basile) (2021).

Particolare del retro di = (in cui appare Superfreak).

Come conclusione diteci quali saranno i vostri futuri progetti in musica. In più vi chiedo come vedete il futuro musicale, non solo vostro, ma dell’Italia Meridionale, cornice del vostro periodo d’oro, e di molte altre fervide realtà.

“Abbiamo smesso di fare progetti, partiamo direttamente dall’esecuzione. In realtà il nostro è stato un percorso involontario, niente di forzato o studiato a tavolino. Le cose sono accadute mentre passavamo il tempo insieme, quasi senza accorgercene. Senza prenderci troppo sul serio e affidandoci quasi sempre al caso. Per tenersi aggiornati con le nostre ultime produzioni potete ascoltare ed acquistare la cassetta di SNT, un nuovo duo-trio pubblicato da Lepers Without a Cause (etichetta del famigerato Alexander de Large). E’ altamente probabile che prima o poi escano nuove registrazioni del Quartetto Capodoglio. Continueremo quindi ad infestare il panorama con i nostri suoni fino a quando ne avremo la possibilità e la voglia di farlo.

“La musica meridionale non se la passa male. Le etichette e le persone con cui abbiamo collaborato negli anni continuano a proporre musiche di ogni provenienza e degenere. Magari qualcuno si è spostato più a nord ma i legami continuano e si allargano. Molti musicisti con cui abbiamo condiviso concerti ed esperienze oggi si sono affermati anche all’estero. Con le nuove generazioni abbiamo meno contatti ma le poche occasioni che abbiamo avuto sono state positive. C’è impegno e dedizione nelle cose che fanno ed anche maggiori competenze e conoscenze. Il tuo lavoro con Nikilzine lo dimostra.”

Grazie e a presto.

“Grazie a te per avere riesumato Bread Pitt!”

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