Multidimensionalità e razionale casualità: idee per una buona fruizione musicale
di Giovanni Panetta
Un idea di musicofilia e giornalismo musicale che utilizza la multidimensionalità e la casualità razionale.
Curva 1-2

La multidimensionalità si presenta sempre davanti a noi anche dove non ce l’aspettiamo. Ecco qui un esempio di come ci possono due parametri anziché uno, dove i gradi di libertà dei parametri sono modellizzati in una curva o più curve: il grafico blu qui riportato è un’unica curva che si auto-intreccia (anelli dispari, quindi l’inversione interno-esterno, anello dopo anello, fa sì che un giro di curva sia la continuazione dell’altro), mentre il grafico rosso sono due curve che si intrecciano (gli anelli sono pari, quindi per l’inversione interno-esterno, anello dopo anello, ad ogni giro si ritorna nello stesso punto di partenza dello stesso giro).

In vista di un’idea univoca degli usi e costumi della fruizione della musica o della maggiore contemplazione di uno o alcuni generi musicali, vogliamo contrapporre un modo di pensare “multidimensionale”, ovvero che considera l’ascolto e tutto ciò che ne concerne sotto aspetti differenti senza alcuna gerarchia o senza considerare una sintesi di quelle caratteristiche in una sola. Ma partiamo da una premessa.

Con “caratteristica”, “aspetto” o “univoco” e “multidimensionale” non intendiamo necessariamente quantificare tutti questi aspetti (di un pezzo musicale, album, artista, band, etc…) con un valore numerico, ma al limite associamo ogni aspetto con un giudizio che la nostra mente elabora empiricamente un aggettivo, come “buono”, “ottimo”, “scarso”, etc… In questo contesto l’operazione di quantificare ognuno di questi aggettivi in numeri apparirebbe più che fuorviante; quale sarebbe il numero più consono associabile a quella caratteristica? Infatti in generale avremmo a disposizione pochi numeri (di solito senza cifre decimali) che quantificherebbero quella caratteristica di quella data istanza.

Meno che mai l’operazione di media di quelle caratteristiche sarebbe più che mai ingiusta. La media è infatti una somma di quei valori in cui ogni addendo, corrispondente alla misura delle caratteristiche, è moltiplicato per un coefficiente pari all’inverso del numero di caratteristiche. Ma perché non si sceglie una media ponderata, ovvero considerando altri coefficienti pari ad un valore specifico, moltiplicato la somma di tutti i pesi di ogni caratteristica? Infatti si può pensare che tali caratteristiche non siano tra loro in una relazione omogenea, ma la loro influenza avrà per ciascuno di essi un determinato peso, che potremmo conoscere empiricamente o secondo la nostra politica che ci sembrerà più adeguata dalla nostra esperienza. Tutto questo però non considera il valore soggettivo che ciascuno di noi vuole dare a questi pesi. In questo caso il giudizio soggettivo nostro delle caratteristiche e quello soggettivo del recensore avrebbero una natura diversa, in quanto vengono da persone con educazione e genotipo differenti; si potrebbe pensare che i criteri di giudizio di lettore e recensore possano avere natura opposta o divergente, perché si basano su formae mentis statisticamente molto differenti. E ciò non renderebbe giustizia nel dare valore ad una certa istanza.

Inoltre i valori numerici, una volta posta una politica nel realizzarli, non rendono giustizia al fatto che elementi diversi uniti assumono un significato diversi una volta separati. Molto spesso suoni a sé stanti non ci dicono nulla, ma una volta uniti cominciano a suggerirci qualcosa di molto più interessante. Si può dire che questi valori in questo caso rispettano proprietà non-lineari. Per cui bisognerebbe considerare a maggior ragione una serie di valori esplicativi della combinazione tra due o più elementi, ma tale impegno sarà esoso nonché dispersivo, in quanto la quantità di variabili da considerare sarà molto più grande in maniera esponenziale, se non di più.

Tale aspetto che concerne la multidimensionalità ci offre uno spunto di riflessione. Spesso suddividere gruppi, artisti, o album per genere non ci offre una buona occasione di selezione musicale. Spesso come fruitori di musica di sentiamo dei “turisti del suono”, ovvero abbiamo delle mete ben definite, che sono comunemente approvate dalla comunità di critici o semplici musicofili. Ma questo elemento spesso ci pone vincoli più restrittivi, e spesso i nostri gradi di libertà ne risentono; infatti non potremmo esprimere al meglio la nostra autenticità, che spesso viene fin troppo smussata dall’educazione esterna, contrapposta al nostro genotipo. D’altra parte il nostro codice genetico ha una complessità fin troppo organica, “sottomessa” dall’educazione esterna, a cui ci sarebbe necessità di porre rimedio.

Di conseguenza al ruolo del turista in musica bisogna contrappore e maggiormente contemplare quello del “flâneur”, ovvero dell’esploratore che sperimenta, che fa dettare le sue scelte dalla casualità, con criteri sempre razionali nel vincolo del proprio gusto. Infatti, nell’ipotesi che tutti gli elementi siano collegati, il flâneur troverà nuove strade di selezione musicale, facendosi dettare dal suo istinto e dalle sue quanto più personali esplorazioni; spesso sarà un aneddoto di qualche artista, una traccia di una sonorità già sentita e ascoltata casualmente, una foto promozionale, o il dettaglio di una copertina. Da quel momento, seguendo un determinato percorso o più percorsi sarà più probabile che si persegua il proprio gusto personale, in vista del fatto che i percorsi molto spesso battuti, di numero più ristretto, probabilmente rifletteranno di meno la propria autenticità.

Questo è comprovato dal modus operandi di diversi musicofili, che sperimentano non badando dove andranno a finire, ma attratti da alcuni elementi dal loro punto di vista più peculiari. D’altra parte molto spesso si commette di classificare la musica in termini, che spesso non colgono le sfumature che più ci interessano. È come se il più delle volte il giornalismo lavorasse con valori interi, con parole nette, anziché con valori numerici con molte cifre decimali. Potremmo dire, in termini matematici, che la letteratura giornalistica “lavori con il continuo anziché con il discreto“. Nasce la necessità quindi di un giornalismo che sia quanto più descrittivo, che dia al limite giudizi strettamente legati alla descrizione musicale, e che sia svincolata da giudizi soggettivi. E questo riflette in un certo senso la necessità di multidimensionalità nella musica, dell’assenza di giudizi qualitativi, che incasellano artisti e uscite in un unico valore.

Quindi la multidimensionalità deve concernere la critica e il giornalismo, mentre la casualità deve riguardare maggiormente la selezione musicale in vista del fatto che non si è del tutto consapevoli del proprio gusto, che le parole sono riferite ad una parte delle descrizioni che ci potrebbero di più interessare.

Ma molto spesso rispetto le parole molto viene realizzato con l’istinto e con la naturale passione di molti appassionati o giornalisti, che già sperimentano e utilizzano di meno la monodimensionalità. Un’occasione di offrire uno spunto di riflessione – e di confronto – per chi ha un’idea più uniforme e blasonata nel contesto. Questa è la mia idea, e rimango disponibile ad un aperto confronto a seguire.

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